Analisi del caso.

Dalla crisi del matrimonio tra P. e la moglie V. sono tra l’altro scaturite due domande di addebito “incrociate”.

Il Tribunale, decidendo la controversia (adottando altresì provvedimenti a salvaguardia della prole minorenne), ha accolto quella formulata dal marito, sicché la V. ha proposto appello.

La Corte adita, pur riformando la decisione di prime cure in punto di provvedimenti a tutela della prole, ha confermato il pronunciamento del Tribunale in punto a cause della crisi coniugale e conseguente addebito della separazione.

In particolare, i giudici del merito hanno ricondotto causalmente la crisi all’infedeltà della moglie, scoperta dal marito, dapprima, in virtù di una lettera anonima e, poi, ulteriormente suffragata mediante indagini investigative private.

Al contrario, i medesimi giudici hanno reputato infondata la domanda di addebito formulata dalla moglie e argomentata muovendo da condotte disarmoniche del marito, preesistenti al tradimento. Secondo i giudici, infatti, risultava significativa la tardiva proposizione della domanda, solo in risposta a quella formulata dal marito.

La V. ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando – in sintesi – l’illegittima attribuzione di rilevanza probatoria alle relazioni investigative prodotte dal marito, le quali costituirebbero prove a tutti gli effetti solo a condizione che l’investigatore venga escusso nel contradditorio fra le parti, e invece, nel caso di specie, l’investigatore non era mai stato assunto quale teste.

La soluzione
Respingendo il ricorso, la Suprema Corte ha chiarito che la relazione investigativa diretta a dimostrare l’infedeltà coniugale rientra tra le prove atipiche liberamente valutabili nel giudizio civile ai sensi dell’
art. 116 c.p.c., di cui il giudice è legittimato ad avvalersi, atteso che nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova. In particolare, le eventuali fotografie a corredo della relazione hanno l’efficacia probatoria prevista dall’ art. 2712 c.c. e, anche ove disconosciute espressamente, possono essere comunque utilizzate dal giudice, che può accertarne la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni

La motivazione della Corte
Argomentando la propria decisione, la Cassazione ha posto in luce come la relazione investigativa rientri tra le prove atipiche liberamente valutabili nel giudizio civile ai sensi dell’art. 116 c.p.c., di cui il giudice è legittimato ad avvalersi, atteso che nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova.

Nel caso esaminato dalla decisione in commento, la relazione scritta redatta da un investigatore privato è stata utilizzata dai giudici di merito come prova atipica, avente valore indiziario, ed è stata valutata unitamente ad altri elementi di prova ritualmente acquisiti. In dettaglio, sono state ritenute particolarmente rilevanti le fotografie (art. 2712 c.c.) allegate alla relazione medesima e ritualmente versate in atti, le quali, anche ove disconosciute espressamente, possono essere utilizzate dal giudice, che può accertarne la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass., 29 aprile 2022, n. 13519).

A completamento della propria valutazione, la decisione in commento – dopo aver ripercorso la propria giurisprudenza in materia di presupposti della declaratoria di addebito della separazione – ha reputato correttamente motivata la decisione assunta nei precedenti gradi, avendo i giudici esaminato le complessive emergenze istruttorie e valutato in modo non incongruo le molteplici circostanze di fatto, atte a deporre per il carattere adulterino della relazione intrapresa dalla V., giungendo a una statuizione circa il diretto nesso di causalità tra la stessa e la irreversibilità della crisi coniugale, non inficiato dalle circostanze dedotte in merito a una preesistente crisi, dalle quali la Corte di appello aveva desunto piuttosto la volontà di conservare il rapporto superando le difficoltà.

La Corte di merito ha rimarcato, in particolare, che l’intenzione di separarsi era stata manifestata dal marito nel giugno 2016 e, solo successivamente e poco dopo, dalla moglie, sicché, prima di questo periodo, non era dato desumere quell’irreversibilità della crisi, pur preesistendo alcune criticità del rapporto coniugale, che avrebbe giustificato un ben diverso apprezzamento dei dati acquisiti.

Del tutto coerentemente ed esaurientemente, quindi, la Corte di appello ha operato una valutazione del comportamento complessivo dei coniugi, ai fini del riconoscimento dell’addebito e anche con riferimento alla distribuzione dell’onus probandi. In particolare, la Corte territoriale ha tenuto conto sia delle criticità del rapporto preesistenti, sia dei fatti accertati a carico della moglie sul perdurare del vincolo matrimoniale e ha escluso che le circostanze addotte dalla stessa fossero state la causa scatenante della crisi coniugale, in modo irreversibile, sicché la relativa valutazione, espressa con motivazione non incongrua, non può essere sindacata in sede di legittimità, tendendo a un inammissibile riesame del merito.

Fonte: altalex.com/documents/2024/03/04/addebito-separazione-foto-investigatore-prova-valida-infedelta